Pubblichiamo la cronaca dell'innaugurazione, avvenuta ieri, del museo Diocesano di Molfetta dove sarà custodito fino a fine luglio il nostro San Rocco d'argento che vi mostriamo nella teca del museo. Fonte: www.molfettalive.it

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Una perla, un vero e proprio gioiello, uno scrigno contenente opere di grande valore artistico, storico, culturale e religioso: il Museo Diocesano, restituito alla Diocesi di Molfetta, Giovinazzo, Ruvo e Terlizzi dopo un’opera di ristrutturazione e ampliamento.

Un museo all’avanguardia, tecnologicamente avanzato quello inaugurato ieri sera dal vescovo, mons. Luigi Martella, ma con all’interno la storia del nostro territorio, dall’era precristiana, neolitica, sino ai giorni nostri.

Mons. Luigi Martella, che ha fortemente creduto nella realizzazione di questa opera, descrive così il Museo: «nel conoscere l’opera d’arte il visitatore rivive la storia, la cultura, il dinamismo religioso ad essa sottesi, ne percepisce il genio artistico che l’ha prodotta, l’input teologico- liturgico che l’ha generata. Le sale espositive, attraverso una trama storico- artistico- sociale- religiosa offerta dai manufatti, presentano allo sguardo del visitatore la storia multiforme di una Chiesa particolare.

Lungi dall’essere un luogo separato dall’oggi immutabile, statico, il museo ecclesiastico ha l’impegno di coniugare il passato e il presente proiettandoli nel futuro».

Auspicio del vescovo ripetuto sia in conferenza stampa che durante il discorso inaugurale che «questa realtà non rimanga un’isola, ma deve essere messa in rete per far diventare il territorio molfettese un polo turistico interessante».

Inoltre, ha ricordato che «quelle in mostra sono solo una minima parte del patrimonio artistico, culturale della Diocesi. Molte opere erano in depositi, sconosciute, le abbiamo riportate alla luce creando con questo Museo un percorso non solo artistico e culturale, ma soprattutto di fede».

Quindi il vescovo definisce il Museo «un luogo vivo, che racconta, che parla della storia, del passato di questa chiesa locale, di questo territorio. L’idea nuova del museo è quella di un luogo aperto dove si può ascoltare, contemplare e sentir parlare». L’augurio che formula mons. Martella è che «il Museo Diocesano sia messo in rete con altri luoghi del territorio».

Nel presentare le opere contenute e il Museo, don Pietro Rubini, direttore del Museo, ha detto: «le sale espositive costituiscono una vera e propria via dell’arte, lungo la quale il visitatore, con l’ausilio di supporti didattici, potrà conoscere l’ingegno degli artisti e cogliere in ogni opera d’arte qualche tratto del volto di Dio».

Ambiziosi gli obiettivi futuri del Museo, come ha spiegato il direttore dei lavori, arch. Fernando Russo, «ossia non essere un percorso fine a se stesso, ma deve essere divulgativo dell’arte e della cultura. Per questo l’obiettivo finale, ancora da raggiungere, è quello di mettere il Museo Diocesano in un sistema con tutti i musei ecclesiastici nazionali e internazionali, come Madrid e San Pietroburgo, creando una sorta di percorso virtuale nel Barocco attraverso i sistemi multimediali e il web».

L’ausilio dei sistemi informatici consente al visitatore di poter fare un percorso virtuale prima della visita stessa, in modo da per poter conoscere, scoprire ed apprezzare durante la visita le bellezze delle oltre 500 opere presenti nel Museo Diocesano.

Una perla, dicevamo, la cui ristrutturazione e ampliamento sono stati resi possibili per i finanziamenti giunti dal Ministero dell’economia e delle finanze, dalle Regione Puglia e dalla Diocesi. Ci auguriamo che questa perla, non rimanga chiusa nel suo guscio, ma diventi realtà pulsante e viva della nostra città, anche perché il direttore del Museo, don Pietro, ha già preannunciato la creazione di una card di visita per il circuito formato dai musei di Molfetta, Bitonto e Otranto.

Il museo si snoda su tre piani: nel piano interrato è collocata l’area archeologica, dove vi «sono manufatti litoidi provenienti dalla stazione neolitica del Pulo di Molfetta, corredi funerari dal VIII al III secolo A.C., ceramiche elleniche, oltre a piccole sculture, terrecotte, monete, armi e bronzi».

Sempre al piano interrato è possibile ammirare i paramenti liturgici, le pianete dei Vescovi di Molfetta e la sezione della Statuaria lignea, legata da sempre alla Settimana Santa, con i suoi riti e le sue processioni. Infatti, si possono ammirare le antiche statue della Settimana Santa molfettese (secc. XVII-XX), ed opere di elevato pregio artistico quali: San Liborio, San Antonio da Padova, Santa Caterina d’Alessandria, San Pasquale Baylon, San Luigi Gonzaga (secc. XVII-XVIII), oltre che alcuni busti reliquiari seicenteschi.

Al primo piano è la zona riservata alla Biblioteca del Seminario, che con i suoi 47mila volumi costituisce interessante «testimonianza storica della cultura, delle tendenze e della mentalità della società molfettese». La Biblioteca di indirizzo teologico- umanistico è collocata all’interno di una monumentale sala affrescata dal pittore molfettese Michele Romano e arredata da una artistica scaffalatura lignea realizzata nel 1844 dall’ebanista terlizzese Filippo Giacomantonio.

«Di particolare pregio», ha fatto rilevare il direttore del Museo, don Pietro Rubini, «per il valore artistico e storico sono l’Officium Beatae Mariae Virginis, manoscritto membranaceo del sec. XVI finemente miniato e il Libro Rosso, manoscritto cartaceo, documento essenziale per la conoscenza delle vicende molfettesi, le cui trascrizioni ebbero inizio nel 1478».

Al secondo piano è ubicata la Pinacoteca, dove saranno temporaneamente esposte, fino al 31 luglio, il dipinto ad olio su tela raffigurante la Madonna del Carmine con l’arcangelo Raffaele e Tobiolo di Corrado Giaquinto, proveniente dalla chiesa di S. Stefano di Molfetta e la statua argentea raffigurante San Rocco (1793), su disegno dello scultore napoletano Giuseppe Sanmartino, custodita nella Concattedrale di Ruvo, nonché la Cassetta eburnea (fine sec. X – inizio sec. XI) del Capitolo Concattedrale di Giovinazzo. Ma vi è anche una area dedicata all’arte moderna con 39 opere donate dallo scultore Vito Zaza.



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